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    mercoledì 28 giugno 2006

    Mah. Mi si dice di essere autonoma, ma poi dietro l'angolo c'è sempre chi giudica e mi dice cosa devo fare e perchè. E scattano solo amarezza e dolore, primo perchè nessuno può sapere cosa provo e quindi giudicare certe scelte, secondo perchè alla fine chi mi dice cosa devo fare decide cosa devo fare, visto che oggettivamente non sono autosufficiente.
    A volte pare un crimine voler esattamente cosa vogliono gli altri. Pare un crimine il mio rifiuto di non poter fare tutto ciò che voglio a causa dei miei problemi. Pare un crimine il mio rifiuto di limitarmi a causa della mia disabilità. Chiaro, sono già limitata di mio, non ho nemmeno una storia, devo rinunciare pure ad altro?
    Bah. E qualcuno me l'ha praticamente detto. Vuoi troppo. Vuoi troppo? eh? io non voglio correre, saltare, andar sul deltaplano... Io voglio vivere da ventisettenne. Ho 27 anni. Voglio troppo? se la risposta è sì, allora tanto vale imitare Pessotto e buttarmi giù da un tetto. Certo, sarei come lui sfigata e mi farei solo male.
    Oggi almeno son stata tutto il giorno col mio Giorgino. Mi ha detto che mi vuole tantissimo bene e mi è venuto da piangere. Ci vuole poco in questi giorni. Mi ha salvato la giornata, lui, un meraviglioso bimbo di tre anni e mezzo, e la notizia che l'operazione del mio amico pare andata bene. Speriamo, la vita a volte deve sorridere, proprio come il tenero sorriso di Giorgio.
    Tra bagnetto, lacche (è appassionato di lacche, me ne ha versato mezza solo sul mio lato sinistro........meno male che domani me li taglio. Qualcuno di voi sa la mia mania per i capelli, ma confesso...lui potrebbe farmi qualsiasi cosa...), carillon, ho seguito poco i tg. Bossi e i suoi sono già in Svizzera o no dopo il meraviglioso risultato elettorale?

    6 commenti:

    1. Ti confermo che Bossi è stato avvistato con Calderoli sopra una vespetta 50 dirigersi verso la patria del cioccolato!!!
      Farla finita????
      Che brutta parola!
      Ho visto sul tuo blog,hai tanti amici,quanti concerti vedi durante l'anno!!?cacchio sei stata anche al gay pride!Cazzarola ora ti dico la mia giornata "Lavoro in fabbrica(FIAT) a 60 km da casa quindi andata e ritorno 120 km,faccio il turno di notte fisso da 5 anni e mezzo,su una catena di montaggio,(per guadagnare qualcosa di più,sai le spese corrono)!Torno la mattina a casa distrutto,dormo fino alle 14 massimo le 15,d'estate
      non dormo per niente (con sto caldo),il pomeriggio lo passo con i miei cagnoloni tra casa e giardini!
      Poi il sabato torno un pò a vivere!Ma non mi arrendo mi mancano solo 25 anni di lavoro per la pensione!!
      Ma noi siamo gente che lotta!Noi siamo gente che per ottenere qualcosa deve sudare!Noi siamo gente che vive!
      Dobbiamo essere più forti di tutto e di tutti!!!
      ;-)

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    2. Infatti io non mi rassegno a non vivere la vita che voglio! come dice il buon Borrelli: resistere resistere resistere!

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    3. GRANDE!!!ORA SI!!!RESISTERE RESISTERE RESISTERE!!!

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    4. Se tutto ciò è un crimine, benvenuti ai criminali! Continua la tua lotta partigiana contro chi ti smonta, continua i tuoi attacchi frontali contro i tuoi limiti fisici, sfonda l'assedio alla tua voglia di vivere.

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    5. non sono la persona adatta a dire a nessuno come vivere......ma posso diventare la persona adatta a chiederti di non arrenderti mai!!!!

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    6. Perché l’ipotesi del tentato suicidio è sbrigativa e da rivedere. I veri fatti. Le interpretazioni. L’insostenibile leggerezza dell'ipotesi di tentato suicidio. Il lavoro giornalistico: giustificare lo pseudofatto e trasformarlo in “fatto”

      PESSOTTO E CALCIOPOLI(ASP) TORINO – Perché l’ipotesi del tentato suicidio è sbrigativa e da rivedere I fatti Pessotto, da un mese team manager della Juventus, la mattina del 27 giugno, due giorni prima del maxiprocesso di Calciopoli, che inizia il 29 giugno e coinvolge anzitutto la Juventus, si reca nel suo ufficio della sede bianconera, in corso Galileo Ferraris a Torino, si tratta di una sede privata a cui non tutti possono avere accesso. Egli, apparentemente era solo nel suo ufficio al secondo piano. A un certo punto Pessotto è ritrovato sull’asfalto del cortile interno. Due automobili vicine parcheggiate lì sotto sono ammaccate da sopra, evidentemente colpite da Pessotto, e si tratta dell'Alfa 147 del vicepresidente dimissionario Roberto Bettega, e di una Lancia Phedra accostata. Pessotto è ritrovato con un rosario in mano. Pessotto, ha riportato fratture multiple cadendo dal tetto della sede della Juventus a Torino. Non si sa ancora com’è che Pessotto si è ritrovato in quelle condizioni. Questa la notizia. Questi i fatti. Il resto è altro. Il resto sono ipotesi investigative, storie, pseudofatti, pruriti, sciacallaggi, violazioni della privacy, e via violando. Eravamo all’ipotesi. E siamo ancora all’ipotesi investigativa. Subito dopo il fatto, qualcuno ha giustamente parlato di “giallo”. Ma tutto è stato archiviato dopo poche ore, di punto in bianco. Tutti i giornali si sono affrettati a trasformare l’ipotesi in “fatto”. Il supposto “fatto” del tentato suicidio. Ma ricostruiamo cos’è accaduto dopo i fatti. L’insostenibile leggerezza dell'ipotesi di tentato suicidio Il suicidio, in un'indagine seria, deve essere l'ultima ipotesi, non la prima. O meglio, può essere indagata come prima ipotesi in modo che, se è il caso, si può subito escluderla. Ma il suicidio è sempre la prima ipotesi e l’ipotesi più facile, innocua, adatta e comoda per tutti, ma proprio tutti: inquirenti, giornalisti, possibili sospetti di omicidio, e anche per lo stesso Pessotto e famiglia, come vedremo ecc. Mai sentito parlare della parola defenestrazione? In ogni caso, bisogna procedere per esclusione. In questo caso, si sono escluse ipotesi diverse dal tentato suicidio? No, ci si è subito diretti all’ipotesi facile facile, facile per tutti, e l’ipotesi più favorevole a Calciopoli e ai relativi poteri forti: l’ipotesi dei don Abbondio. E con che leggerezza ora i giornalisti la presentano come un fatto! I giornalisti riferiscono che alcune circostanze fanno propendere gli inquirenti per l'ipotesi del tentato suicidio: A) Pessotto sarebbe salito fino a un abbaino da cui avrebbe potuto gettarsi da solo. B) Alla reception hanno raccontato che Pessotto, giunto in auto, l'ha portata nel garage sotterraneo e non nel cortile come faceva di solito. Ma neppure questa è un prova certa. Non è ancora dimostrato nulla. Pessotto avrebbe benissimo potuto parcheggiare l’auto nel garage perché nel cortile c’erano altre auto o per qualunque altro motivo diverso dal tentativo di suicidarsi. E se avesse voluto mettere nel garage la sua auto per non crearle danni, comunque, ha urtato comunque delle auto, lui che era così rispettoso e sportivo: e ha danneggiato l’Alfa 147 del suo collega e vicepresidente dimissionario Bettega. Un’ANSA dice che “L' allarme è scattato alle 11, mentre nella sede della Juventus c' era il vicepresidente dimissionario Roberto Bettega”, eppure solo alle 12,30. Però la prima richiesta di intervento al 118 era giunta solo verso le 12,30. Solo errori di stampa o c’è dell’altro, nell’arco di quest’ora e mazza? E Pessotto era solo (come dicono alcune fonti) oppure no? Che non fosse solo lo dice IL RESTO DEL CARLINO (27 giu): "Il primo ad accorrere e' stato Giovanni Cobolli Gigli, futuro presidente della Juventus, accorso dall'Ifil - spiega Andrea Griva, portavoce dell'Ifil - al momento dell'accaduto erano presenti in sede l'ex vicepresidente Roberto Bettega e il direttore sportivo Alessio Secco. Non e' stato trovato alcun biglietto nel quale Pessotto abbia lasciato qualche dichiarazione". C) Sul davanzale dell'abbaino, dal quale si sarebbe gettato, sono state trovate le chiavi dell'auto e il suo telefono cellulare. Perché mai avrebbe dovuto lasciare sul tetto il telefono cellulare? Forse per evitare che potesse comunicare a qualcuno le ultime parole, quello che sapeva? D) Si è subito cercato di far credere che la cosa più probante circa il “tentato suicidio” sarebbe la presenza di un rosario fra le mani di Pessotto (mai restituito alla moglie e, forse, mai visto da questa)! Nulla di più ridicolo e assurdo. Il rosario non va a supporto di nessuna ipotesi, ma anzi resta elemento sospetto. Come se vedere un cattolico che si suicida con un rosario fra le mani fosse la norma! Ci rendiamo conto? Era cattolico, aveva il rosario in mano, quindi si è voluto suicidare! Che logica è questa? Rosario, simbolo di fede, fra le mani di chi avrebbe osato un atto estremo di infedeltà. Se Pessotto ha avuto la lucidità di impugnare il rosario e pensare alla fede in chi dà la vita, come ha potuto compiere quel gesto di togliersi la vita, di compiere uno dei peccati più gravi della fede cattolica? Abbiamo dunque un’ipotesi di tentato suicidio, ossia qualcosa che è ancora uno pseudofatto, assunto però come fatto. I giornalisti si affrettano ad avallare l’ipotesi del suicidio, proprio come si affrettano a farlo i dirigenti bianconeri. Pessotto e' giunto al pronto soccorso di chirurgia delle Molinette ancora cosciente: ''Si lamentava per il dolore'', ha detto un testimone. Non si sa cos’altro abbia detto. Di certo, Pessotto non ha ancora confermato nessuna ipotesi di tentato suicidio. Né aveva mai lasciato dubitare nessuno che avrebbe potuto compiere tale gesto. Per sapere la verità bisognerebbe far parlare Pessotto, il vero e unico diretto interessato, che non ha ancora aperto bocca in merito. E non sarebbe ancora abbastanza. Secondo alcune voci, che certo non trovano la minima conferma ufficiale, Pessotto, neodirigente bianconero e che per molti resta una delle (non molte) “facce pulite” del calcio, a conoscenza di alcuni illeciti relativi Calciopoli, avrebbe manifestato l’intenzione di sporgere denuncia e successivamente ignoti lo avrebbero minacciato di gravissime ritorsioni contro la sua famiglia, cosa che gli impedirebbe, anche nel caso in cui sopravvivesse, di rivelare la verità (visto il rischio di trascorrere la vita non solo da possibile disabile, ma anche sotto scorta, lui e tutta la famiglia). Perché dovremmo credere così facilmente che un padre di famiglia trentasettenne con due figlie e moglie, con mamma, papà, fratello (anche lui professionista del calcio), ovviamente senza problemi economici, che si è sempre dimostrato emotivamente equilibratissimo (come ha dimostrato sul campo), cattolico praticante e ben conosciuto dal suo parroco, che da pochi giorni aveva assunto con entusiasmo impegni lavorativi di prestigio anche come commentatore per Sky TV, svegliandosi una mattina qualunque, cercherebbe di suicidarsi. Pessotto, conosciuto per la sua grande sportività, e definito da Cannavaro “l’uomo più buono del mondo” avrebbe davvero potuto compiere un atto così antisportivo nei confronti, anzitutto, dei suoi cari, neppure degnati di un biglietto di addio? Lo sgomento degli azzurri ha ragioni profonde: tutti in fondo sanno che Pessotto non avrebbe potuto fare, da solo, una cosa simile. L’ipotesi del tentato suicidio dunque non trova la benché minima giustificazione ed è quindi scarsamente credibile. Ma è poco credibile anche la modalità del tentato suicidio. Sospetta è la sede dell’episodio: perché proprio nell’ambito privato del nucleo nevralgico di Calciopoli? Ma soprattutto è sospetto il tipo di “suicidio” che avrebbe scelto, che non dà la sicurezza di morire ma dà la quasi certezza di una sopravvivenza problematica, con rischio di paralisi vita natural durante. Ebbene, perché dovrebbe prendere una decisione così azzardata, approssimativa, inefficace, lui, un trentasettenne laureato in legge, soprannominato ‘professore’ e "certamente di una categoria superiore dal punto di vista intellettuale"? (Massimo Moratti, TGCOM, 27 giu). È abbastanza chiaro che Pessotto non aveva esattamente l’intenzione di suicidarsi. Se davvero l’avesse avuta, avrebbe scelto fra mille altri metodi più efficienti, a meno che non fosse, cosa indimostrata, sotto l'effetto di LSD o di qualche circostanza, di qualche fortissima pressione esterna che in quella mattina, in quella sede lavorativa, lo avrebbe costretto a un gesto disperato. Il lavoro dei giornalisti: giustificare lo pseudofatto e trasformarlo in “fatto” Lo pseudofatto del tentato suicidio come si giustifica? Può trovare mille diverse motivazioni. Alcune sono comode per Calciopoli e altre scomode (come possibili pressioni esterne). Subito però, stranamente, si è puntato verso le motivazioni più comode in assoluto per Calciopoli e la dirigenza juventina: litigi con la moglie, stato di depressione. Come ha detto Filippo Facci, sul “Giornale”, “sarà che i tentati suicidi per definizione non esistono, perché chi vuole trovare la morte difficilmente sbaglia; il gesto di un Gianluca Pessotto, dunque, viene sovente interpretato come il disperato richiamo di chi ha camminato verso la morte ma voltato all'indietro, dandole le spalle, cercando il nostro aiuto. Sui giornali lo schema è sempre quello: chi ipotizza una malattia incurabile, chi debiti, chi una disperazione giudiziaria, su tutte una sbrigativa certezza, era probabilmente depresso. Fior di studi dimostrano che tra i depressi la propensione al suicidio non è maggiore che tra i malati di artrite”. Vari giocatori della nazionale ricordano la felicità loro e di Pessotto quando era venuto a far visida alla nazionale in Germania. Addirittura, Antonello Valentini, capo ufficio stampa della Federcalcio, spiega di aver incontrato l'ex giocatore azzurro pochi giorni fa. "Ho incontrato Pessotto nell'intervallo della partita di Amburgo contro la Repubblica Ceca. Ci siamo abbracciati, lui era contento. Per tutti noi Pessotto è stato sempre un grande esempio, per competenza e serietà. Pensavo proprio che questo nuovo incarico nella Juventus gli desse entusiasmo". Questo naturalmente non dimostra che Pessotto non soffriva di depressione, ma è utile per capire che Pessotto era tutt’altro che percepito come un ragazzo in gravi difficoltà. Comunque sia, “da indiscrezioni provenienti da ambienti investigativi vicini alla Juventus si apprende che Gianluca Pessotto era in cura da un medico per depressione e oggi aveva preso un appuntamento col sanitario. Il suo stato depressivo sarebbe stato legato a problemi personali” (IL RESTO DEL CARLINO, 27 giu). I giornalisti ancora una volta sono gentilmente instradati laddove non potranno ledere interessi calciopolistici. E i giornalisti colgono la palla al balzo. Non sia mai che anche loro sian costretti a dire qualcosa che può mettere ancora più in difficoltà Calciopoli. Ricapitolando. Pseudofatto: il ragazzo ha voluto suicidarsi. Ora, troviamo una giustificazione. Ah, sì, il ragazzo era "debole", "malato", "aveva litigato". Ora possiamo accettare lo pseudofatto tranquillamente, con naturalezza! E Calciopoli non c’entra nulla. Non era lui, ragazzo forte, limpido, leale, onesto, che poteva essere scomodo per Calciopoli. Non sia mai! Lui era fragile! Dire che uno si è suicidato per la depressione non vuol dire nulla, eppure soddisfa le menti dando l'impressione di "ah, ecco la spiegazione, era depresso!" Ma non significa nulla. Non è scritto da nessuna parte che depressione = suicidio. Né che dalla depressione consegue necessariamente il suicidio. Il suicidio è un atto meditato, coordinato. Non esiste nessuna supposta "malattia mentale" né nessuna "malattia organica" che comporti necessariamente un atto coordinato e volontario come il suicidio. Un atto coordinato come quello è il frutto di fattori esperienziali e culturali ben precisi. Credere al “suicidio per depressione” è un modo facile facile per eludere la questione di quali siano questi fattori esperienziali e culturali. Il suicidio o tentativo di suicidio, se è tale, è anche voluto con la testa per via di eventi ambientali e relative interpretazioni dell’aspirante suicida. Altrimenti non è suicidio né tentativo di suicidio, ma qualcos'altro. Eppure lo stato di depressione viene dato per scontato come giustificazione sufficiente a determinare il suicidio. Così si trattava di giustificare lo stesso stato di depressione. E subito facinorosi imprecisati insinuano l’idea (comodissima per Calciopoli) di un male incurabile, da cui sarebbe derivato uno stato depressivo e un tentativo di suicidio. Il medico della Juventus, Agricola, con sdegno, ha subito detto: "E' un'idea ridicola, come coloro che la sostengono. Una cosa che mi fa ridere, roba da pazzi. Posso dire soltanto questo" (AG GRT, 27 giu). Ma questa non è che una delle irrealistiche e affrettate insinuazioni giustificatorie del supposto tentativo di suicidio. Peraltro, sulle domande circa le possibili cause della depressione, Agricola non ci aiuta certo a risolvere gli inquietanti interrogativi dicendo che «ci sono motivazioni che non posso dirvi. Si tratta di problemi psicologici che possono colpire chiunque. Ne soffriva da poco». E così si sono fatte presto circolare altre ipotesi sul gesto dell'ex calciatore bianconero: sarebbe stato in cura da un medico per una forma di depressione e proprio oggi aveva preso un appuntamento col sanitario. Anche la moglie, Reana Pessotto, propende per una “giustificazione depressiva”. Ma punta in direzioni diverse, punta verso un ambito pubblico e lavorativo, non certo all’ambito privato e personale. Finora ha dichiarato che "lui da tempo soffriva di depressione. Era diventato molto fragile: una depressione nera per il nuovo ruolo che ha nella Juventus, in fondo non gli piaceva veramente come aveva creduto all’inizio […] Da un mese e mezzo la mattina faceva fatica ad andare in ufficio: la proposta di diventare Team manager della Juventus lo aveva allettato, ma poi si era reso conto che quella non era la vita adatta a lui. Ma forse per lui era presto per appendere le scarpette al chiodo" (da “Affari italiani”). Dunque Pessotto sembra fosse effettivamente in stato di depressione e fragilità. Ma è la stessa moglie di Pessotto a suggerire il legame fra questa depressione e l’inizio dell’attività come dirigente bianconero. Allora viene da chiedersi come si ponesse Pessotto in relazione alle crisi giudiziarie di Calciopoli. Ebbene, non si poteva senz'altro dire sempre preoccupato, ma anzi ottimista e a volte quasi entusiasta. In una conferenza sul calcio giovanile dichiarò ai microfoni che "Dopo questo polverone potremo iniziare a divertirci". Un atteggiamento decisamente controcorrente, non certo di compromesso. Contrariamente alla moglie Reana, diversi colleghi di Pessotto hanno cercato di ricondurre il suo stato depressivo alla sfera privata e personale, anziché a quella lavorativa. Insistenze e convergenze che iniziano ad apparire più che sospette. Se poi si dovesse dare retta ad Alberto Custodero, che ne l’“Espresso” (19 maggio 2006) parla di come il sistema-Moggi coinvolgeva anche le forze dell’ordine, tutte le questioni qui sollevate diventerebbero enormemente imbarazzanti e sconvolgenti.

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    "La libertà non è star sopra un albero,
    non è neanche un gesto o un’invenzione,
    la libertà non è uno spazio libero,
    libertà è partecipazione."