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    venerdì 1 giugno 2007

    E visto che il blog si chiama Oltreilponte....ho scritto questo.

    Lo psicologo da cui sono andata per un po’ di tempo per riferirsi alla mia disabilità usava spesso la parola “malattia”. Chissà perché non sono mai riuscita a ribattere che non mi sento affatto malata, a parte quando ho la febbre. Non mi piace uscire con della gente che non fa altro che preoccuparsi di me, non voglio che vadano a prendere l’auto parcheggiata a 20 metri per non farmi camminare. Se sono stanca, lo dico, se non me la sento di far qualcosa, pure. I miei limiti li so e credo di accettarli abbastanza. Certo, quando dopo un concerto parte la disco e non riesco neanche a dire ai musicisti quattro parole in croce capita che mi venga voglia di abbattere il dj. Però malata non mi sento proprio, almeno non fisicamente. Emotivamente instabile…sì.
    Non riesco a togliermi dalla testa che se il telefono non squilla, se non sono invitata ad una festa, se non ho il fidanzato, se non mi mandano il lavoro …è per via della mia disabilità. Per non parlare del mio costante bisogno di conferme, e di bellissime serate rovinate da una frase non detta da qualcuno. Che magari era semplicemente stanco, o non ci ha pensato.
    Mi atterrisce la possibilità di vivere una vita “a metà” per via della mia condizione. Possibile che devi sempre far qualcosa?” mi chiedeva lo psicologo insinuando che non accettassi completamente la mia “malattia” e rimediassi fuggendo. Intendiamoci, passo intere serate sul divano a vedermi ogni tipo di telefilm su medici, avvocati e criminali vari…. So tutto del dr. House e la mia vita sociale non è certo al top. Certo, cerco di vivere più che posso, come posso.
    Sere fa in un locale di periferia di Modena cantava un coro di Mondine. Finito il mini-live queste arzille signore sono scese dal palco e hanno continuato inesorabilmente a cantare finché la povera direttrice del coro a fatica le ha trascinate a casa. Le guardavo divertita e commossa pensando agli anni spesi cantando chine sui campi di riso. Ad 80 anni suonati continuano a cantare, e credo che la loro “spensieratezza” derivi dalla consapevolezza di aver fatto tutto quello che dovevano. Una vita intensa.
    E’difficile per me capire se sto facendo tutto quello che devo fare, per il semplice fatto che, se non fossi disabile, la mia vita sarebbe diversa.
    Italo Calvino nella canzone Oltre il ponte racconta di alcuni ragazzi ventenni (io però di anni ne ho quasi 30…) che nel 1945 scorgono la vita, la libertà oltre un ponte ancora in mano nemica. Io mi sento così. Quello psicologo alla fine dei conti mi ha consigliato di accontentarmi e starmene un po’tranquilla da questa parte del ponte a guardare la vita da lontano. Molti lo fanno, forse trovano una loro pace e stan meglio di me. Forse è un buon consiglio medico. Io però non posso pensarci, sarebbe terribilmente doloroso, e profondamente ingiusto.

    3 commenti:

    1. io non ho mai fatto analisi della mia vita così approfondite, credo che tu abbia una grande sensibilità e credo che viva la vita molto più intensamente di molte persone che conosco (me compreso a tratti).
      sono di roma e conoscevo un ragazzo coetaneo disabile che chiamava con un sarcasmo incredibile, la sedia a rotelle "carrozza" come quelle con i cavalli che vanno in giro per roma.
      quel ragazzo che purtroppo non ho più avuto modo di vedere mi ha insegnato a non aver condizionamenti a non avere "soggezione" di chi è disabile, mi ha insegnato più una sua battuta che anni di oratorio.
      i momenti di debolezza ce li hanno tutti, le parole non dette le attendiamio tutti e spesso era meglio che qualcun tacesse, è òa vita regala schiffi a volontà ed è avara di sorrisi. ma quei sorrisi scaldano, anzi bruciano

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    2. La disabilità è qualcosa con cui deve imparare a convivere chi ce l'ha, ma anche chi non ce l'ha, altrimenti si rimane intrappolati nelle proprie gabbie mentali, o semplicemente nel proprio disagio e parlo del disagio del non-disabile a contatto con il disabile e che non sa cosa può/deve fare. Il fatto è che sono solo i disabili che ci possono insegnare a vivere con loro, è questo che i non-disabili dovrebbero capire, è questo che quello che tu scrivi mi fa capire. Ma si tratterebbe di una rivoluzione copernicana nella nostra cultura.

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    3. Vita a metà? Tu?
      Maddechè!!!
      È vero che una persona "portatrice" deve sempre fare il doppio di un "normodotato" per essere presa sul serio, però credo che neanche Keith Richards caricato a pallini tenga la quinta innestata tutto il tempo.
      Se no sfido che poi mancano le forze nel momento peggiore.
      Non sentirti in colpa quando ti va di svaccare, come diceva il tale? Non c'è bisogno di essere eroi proprio in ogni momento di ogni giornata. Non ce la fo neppure io, è tutto detto :-pPpP

      Scherzi a parte penso che la cosa peggiore ci avere un handicap è di essere costretti a ricordarsene continuamente, anche in situazioni che non c'entrano niente. Questa "cosa" si mangia tutto il resto di noi, della nostra persona, personalità, sogni, abilità...
      E ci va pure pazienza per non spezzare qualche gambina a qualcuno che delle volte se lo meriterebbe..
      Ho visto l'altra sera in libreria un libriccino della Coniglio editore(.it), VERGINE FOREVER di Gloria Belotti. La storia di una ragazza emiplegica e della sua lotta per un'affettività vera. Mi sembra che qualunque voce riesca a far conoscere questi mondi e problematiche fuori dal ghetto sia di per sè positiva. Mi interesserebbe sentire il tuo parere.
      Bacione randagio
      =Dani

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    "La libertà non è star sopra un albero,
    non è neanche un gesto o un’invenzione,
    la libertà non è uno spazio libero,
    libertà è partecipazione."