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    giovedì 5 luglio 2007

    Volontariato? Sì, grazie! Ci credo, io, alla società civile, mi piace pensare d’essere parte attiva di una comunità. Sarà forse colpa del dna, è un vizio di famiglia.
    Tutto nacque quando l’autogestione sconvolse il mio liceo “d’èlite” e mi diede modo di conoscere quei pochi studenti della scuola un po’ intelligenti e d’iniziare a frequentare il gruppo studentesco di una famosa organizzazione. Non è che facevamo molto, ma mi sentivo importante, e quando il gruppetto si sciolse passai alla sede centrale. Scrivevo gli appelli, creavo i volantini, aiutavo a progettare gli eventi, ma accompagnavo anche gli altri agli incontri e ai banchetti. Sono stati anni importanti e belli e credo di aver imparato molto.
    Si sa però, nelle associazioni i volontari vanno e vengono. Il “ricambio” non fu molto felice per me. Il nuovo capo era un giovane promettente ed in gamba intellettuale di sinistra con i capelli ricci e la barba. Una sera fece l’appello per organizzare una comitiva per il Social Forum di Firenze. Io venni semplicemente saltata. Nessuno me lo chiese, e io mi sentii morire dentro, anche se poi ci andai con delle amiche per conto mio. Sta di fatto che di colpo non mi si chiedeva più di fare un banchetto, o partecipare agli eventi esterni: ero diventata l’addetta al computer. Quello di casa mia! Io non dissi niente, anche perché mille volte mi sono chiesta se sia giusto pretendere che dei volontari debbano pensare anche ad aiutarmi. Ora come ora risponderei forse che se qualche lavoretto al pc lo faccio e se metto a disposizione la mia testa per qualche idea decente, non è poi una richiesta così assurda un “braccio” per aiutarmi a camminare. E poi i “volontari” dovrebbero andarci a nozze, no? Ma questa è la risposta che mi dò quando mi sento sicura di me, cioè quasi mai. Quando mi proposero con assoluto candore 200 pagine da tradurre, la presi a ridere, pensai alla mia tesi che mi teneva 8 ore al giorno davanti al pc, e me ne andai.
    Decisi allora di impegnarmi nel campo della disabilità, visto che…sono in tema. Sono andata da un tipo in carrozzina che gestiva un’associazione e che mi ha fatto un’ottima impressione. Peccato che la volta dopo mi ha chiuso da sola in un ufficio 4 ore a fare ricerche, forse inutili. Stessa cosa da altre due parti. Capisco che il mio punto di forza è il pc, e che certo non posso portare le minestre ai barboni, ma è troppo chiedere che un’esperienza di volontariato ti dia anche qualcosa dal lato umano?
    Demoralizzata, mi sono rivolta ad un gruppo di giovani che si occupava di cooperazione… Con ragazzi così sensibili non poteva andarmi male! In effetti mi hanno accolto a braccia aperte, solo che per un mese ho chiesto, inutilmente, che cosa potevo fare: si dividevano i compiti e a me…nulla. Una sera sono andata con loro ad una cena di solidarietà per il popolo nicaraguita e sono rimasta intossicata, ho provato l’ebbrezza dell’ambulanza a sirene spiegate e di una settimana di flebo. E’ stato l’unico episodio degno di nota di quel mese e se mai diventerò nonna potrò raccontare del terrore provato davanti a quell’infermiere che aveva verosimilmente il parkinson e che si è presentato a casa mia per montarmi una flebo... memorabile!
    Da un po’ non ho la forza di cercare altro. Mi tengo occupata, ma mi sento più inutile e più vuota e talvolta mi viene il dubbio che forse davvero sarei più un peso che un aiuto. Poi mi arrabbio per averlo pensato, e mi dico che dovrei riprendere la ricerca, anche perché il mondo del terzo settore è per antonomasia aperto alla diversità… Sì, dev’essere così e forse sono semplicemente stata un po’sfigata.

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    "La libertà non è star sopra un albero,
    non è neanche un gesto o un’invenzione,
    la libertà non è uno spazio libero,
    libertà è partecipazione."